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Tiberio Mores

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ALPINO TIBERIO MORES

Discorso del Sindaco Luca Ferazzoli
alla cerimonia di riconsegna ai parenti della piastrina di identificazione militare


PRIMOLANO 15 NOVEMBRE 2015

Oggi ci troviamo qui davanti al monumento dei caduti per onorare i nostri caduti e per non dimenticare il loro sacrificio.

Quelle sofferenze non possono essere dimenticate perché oggi se viviamo in uno stato libero e democratico lo dobbiamo ai nostri fratelli caduti in guerra.

Queste commemorazioni debbono divenire sempre più occasione di riflessione altrimenti il passato rischia di non aiutarci a comprendere il presente; abbiamo dunque l’obbligo morale di ricordare affinché non si disperda la memoria storica.

Il rischio è quello del distacco dalla società civile; come se la conquista della pace sia stata acquisita una volta per tutte e non rappresenti, invece, una conquista che si consolida ogni giorno.

Cerimonia
Monumento

Il concetto di patria, attenuatosi in Italia negli ultimi anni, deve ritornare a rappresentare per tutti ed in particolare per i giovani un riferimento fondamentale della vita civile. Una patria in cui tutti si riconoscono, tesa a costruire la più grande patria europea, quale faro di civiltà per il mondo intero.

Abbiamo trascorso anni sereni, in cui queste commemorazioni avevano un sapore retorico, legato al passato diventando occasioni di ritrovo di una comunità che poco avevano a vedere con la sofferenza di chi in queste occasioni veniva commemorato.

Ora non è più così. Ci rendiamo finalmente conto che la pace non è per sempre. Essa va costruita giorno per giorno. I diritti fondamentali conquistati dai nostri avi non ci sono stati regalati per sempre. Ci sono stati semplicemente consegnati. Sta a noi con il nostro impegno quotidiano, lottando giorno per giorno difenderli da ogni tipo di aggressione affinché le future generazioni possano vivere in pace come fino ad ora è stato a noi concesso.

Ciò che abbiamo visto accadere a Parigi l’altro ieri è la prova di quanto detto. Il tempo della barbarie non è terminato. Il seme dell’odio e della morte non è mai stato debellato definitivamente. Sta a noi lottare per mantenere la pace che ci è stata consegnata da chi, con il sacrificio della propria vita, ha difeso i nostri valori e le nostre radici.

Questa però è anche l’occasione per commemorare un nostro concittadino, Tiberio Mores, che qui vedete ricordato nel monumento dei caduti.

Tiberio Mores, quando aveva già una famiglia, fu richiamato alle armi nel 1940 dapprima inviato in Albania e poi nel 1942 partito con l’Armir per il fronte russo.

Dal dicembre del 1942 risulta disperso e per la famiglia inizia una lunga e dolorosa attesa.

Un'attesa che si conclude circa alla metà del mese di settembre di quest’anno quando, il nostro comune amico, Roberto Rizzon titolare del sito internet Cismon.it mi comunicava di aver ricevuto una mail dal signor Juri Kobzev dalla città di Pavlovsk sul fiume Don con allegate le foto della piastrina del nostro Tiberio e con la richiesta di trovare i suoi parenti. Roberto mi dice che sicuramente Tiberio Mores non è di Cismon ma di Primolano. Il giorno stesso sento mia madre. Conosce la storia di Tiberio e la passione delle persone che lo hanno atteso per tanto tempo. E’ così che contatto Nadia, sua nipote, nostra vicina di casa per comunicare la notizia del ritrovamento. Mi è difficile descrivere la sua emozione in quel momento. Solo in occasioni come queste riesci a dare il giusto valore alle cose. Non è un nome su di un monumento è la percezione della sofferenza che colpisce persone in carne ed ossa.

Alpino Mores Tiberio

Mi è però allora tornato in mente un piccolo passo che avevo letto alcuni giorni prima tratto da un libro di Aldo Cazzullo “La guerra dei nostri nonni” che vi riporto e che meglio di me potrà descrivere quella sensazione.

“In Langa c’è ancora la vedova di un fante, Onorato detto Nuretu, un ragazzo del 99. Il mattino in cui parti per il fronte Nuretu prese congedo dalla sua famiglia con grande contegno. Baciò la madre. Strinse la mano al padre. Si incamminò a piedi verso la stazione più vicina, distante quindici chilometri. Quando fu sicuro che i genitori e i compaesani non potessero sentirlo scoppiò in un pianto dirotto. Piangeva se stesso e la propria morte che presagiva inevitabile; per una scheggia di granata, per una pallottola, per il tifo, per la fame nei campi di prigionia. Invece Nuretu sopravvisse. Un mattino di ventiquattro anni dopo, toccò a lui salutare il figlio in partenza per un'altra guerra; la spedizione italiana in Russia. A differenza sua il figlio non tornò. Per tutti i giorni che gli restarono da vivere, Nuretu, tutte le sere usci di casa dopo cena, per andare a vedere se all’orizzonte si indovinava il profilo del figlio. All’inizio lo diceva apertamente. “Vado a vedere se sta arrivando”. Quando capì che il rito non aveva alcun senso continuò a compierlo inventando ogni volta una scusa. Il figlio disperso in guerra era la sua unica ossessione. La moglie mi ha raccontato che le sue parole in punto di morte furono “vai a vedere se arriva”.”

Piastrino militare

Ecco credo che questo passo possa ben rappresentare l’angoscia dell’estenuante attesa della figlia e di tutti i parenti che oggi sono qui con noi.

Noi non sappiamo come sia realmente morto Tiberio Mores quello che conta è che finalmente i parenti possono riavere dopo 73 anni di silenzio, il piastrino dall’inestimabile valore affettivo.

Con profonda commozione consegno quindi, ringraziando il signor Juri Kobzev senza il quale ciò non sarebbe stato possibile, il ricordo del soldato primolanese Tiberio Mores alla sua famiglia.





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