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Capitello di San Marco

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Capitello di San Marco

IL CAPITELLO DI SAN MARCO


Il capitello con l'immagine di San Marco (cm 170x80) si trova il località Porteghetti ai piedi del colle omonimo. Era sopravvissuto ai bombardamenti che avevano invece rasa al suolo la casa accanto. In pratica era stato del tutto abbandonato, reso degradato e mutilato dal tempo e dagli eventi. Successivamente l'affresco si è staccato dall'arriccio ed è caduto a terra rompendosi in trentaquattro pezzi che furono poi raccolti e custoditi dalla Comunità Montana del Brenta.
Verso la fine degli anni '80 la Comunità Montana si era presa il compito di fare restaurare i capitelli eretti sul territorio di propria competenza. Decise, quindi, di chiedere a uno studio di restauro un preventivo di spesa. Davanti all'importo prospettato, però, decise che non ne valesse la pena, così i lacerti freschivi vennero consegnati al pittore Fernando Rizzon che allora rivestiva l'incarico di consigliere presso la Comunità Montana e che ne curò il restauro.
Durante le Feste Decennali del 1994 venne allestita la mostra dei Pittori della Valbrenta e in questa occasione venne esposta l'opera restaurata.
Riportiamo di seguito un estratto delle impressioni e valutazioni del nostro concittadino Commendatore Umberto Vanin nel suo libro “Grotti e Giganti” il quale, assieme a Fernando Rizzon presero a cuore il recupero dell'affresco: "... nel reparto riservato ai Pittori della Valbrenta, ho visto il lavoro prezioso, preciso, paziente di restauro da parte del nostro illustre pittore compaesano Fernando Rizzon dell'affresco raffigurante San Marco, che era stato recuperato dal fatiscente capitello dove era collocato. (...) L'affresco è del 1700, è di fattura se non sublime, senz'altro di buona mano. Sarebbe stato imperdonabile decretarne la morte. Il nostro Fernando Rizzon, che, tra l'altro, era anche Consigliere della Comunità Montana, si assunse l'incarico di mettere insieme quell'accozzaglia di pezzi di malta, di frammenti colorati. Io l'ho seguito saltuariamente nel suo certosino la­voro e vi assicuro che ora, ad opera ultimata, c'è da rimanere increduli e sbalorditi per il risultato.
È senz'altro di buona fattura la serena figura dell'Evangelista colta, nel­l'atto in cui, con sguardo inspirato, la penna d'oca nella mano destra, sta scrivendo la storia della vita di Cristo. C'è da mettere in risalto la perizia del restauratore Rizzon nella pulitura dei colori originali dalla patina di pol­vere e di sporco che i secoli vi avevano depositato, nel rifacimento dei pic­coli frammenti mancanti e nel riportare alla luce, con sapienti e dosati interventi, le tonalità di colore primitive.
Riguardando l'affresco com'è oggi restaurato, ho notato una cosa che la mia irrequietezza e frettolosità di fanciullo aveva trascurato: a destra in basso, accanto alle pagine del Vangelo, ci sono due teste accostate e con­trapposte, quasi un'erma bifronte. È facilmente riconoscibile, in quella volta verso il visitatore, il volto (sia pure con marcate - quasi esagerate - sem­bianze umane) del «Leone» di San Marco Evangelista, patrono della Sere­nissima Repubblica e della nostra parrocchiale. Ma la testa contrapposta, che ha lo sguardo rivolto verso il Santo, chi e che cosa rappresenta?
Qui io arrischio una mia teoria personale, non suffragata da alcuna ricerca o documentazione: la sembianza umana contrapposta a quella antro­pomorfa del Leone potrebbe essere quella del Sovrano d'Austria (nel 1700 - epoca che si ritiene essere quella dell'erezione del capitello - in Austria re­gnava Francesco I, marito di Maria Teresa, e poi Giuseppe II, loro figlio).
Perché questa attribuzione? Cismon era l'ultimo paese della Valbrenta, dove Venezia - giuntavi nel 1404 - aveva lasciato come segno del suo dominio il «Leone». Di là v'era l'Austria.
Dipingendo San Marco - ai piedi del colle dallo stesso nome - l'ignoto artista non poteva dimenticare il «Leone» che guarda verso Venezia, ma volle anche ricordare che subito dopo c'era il confine di uno Stato che raf­figurò nel suo Sovrano. ...
" [1]

[1] Umberto Vanini, Groti e Giganti, Edizioni La Gusella,1996, pp 48-49





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